BUSSARELLI
Galleria del Carbone, Ferrara.
Dicembre 2009
 

IMPAROLARTE

Bussarelli
di Paola Bonora

Al termine di una serie di incontri, abbiamo deciso che il tema della prossima mostra, sarebbe stato il batacchio, detto anche batocchio, battente, battaglio, picchiotto, battiporta, mazzapicchio, o bussarello. Ha tanti nomi questo elemento metallico usato per bussare: una piccola scultura che precede di secoli il campanello. Originariamente consisteva in una forma semplice, un martelletto o un anello di ferro. Solo col passare del tempo, ha incominciato a divenire un vero e proprio oggetto d’arte, dalla forma ricercata e dalla doppia funzione: avvertire dell’arrivo di un visitatore e decorare ed abbellire le porte.
Il tema scelto non è particolarmente originale, ma riserva tutti gli elementi di novità e di originalità nel modo in cui viene svolto: in gruppo. Le mostre del gruppo IMPAROLARTE, infatti, non sono esposizioni collettive come potrebbe sembrare a un primo sguardo, ma vere e proprie personali del gruppo stesso. Ogni mostra scaturisce dall’impegno congiunto di tutte e i lavori sono perlopiù eseguiti nello stesso luogo, il mio studio, in un continuo e proficuo scambio di opinioni. Pur difendendo la nostra specificità e la nostra individuale sensibilità, dipingiamo “in coro”.
Anche in questo caso ci è subito chiaro che dovremo continuare a percorrere le strade della città, come già abbiamo fatto per le finestre e per gli angolari, munite di macchina fotografica a caccia di immagini dettagliate.
“Ieri c’era un bel sole e ho portato le bimbe a passeggio. Ne ho approfittato per scattare un po’ di foto ai batacchi dei portoni ” , dice Eleonora consegnandoci un cd. Beatrice, senza alzare gli occhi dal suo acquerello, un mare increspato che brilla di luce fredda, tampona una piccola macchia indesiderata: “ Brava!” dice: “ Ne ho scattate anch’io, ma devo rifarle, c’era poca luce”.
Su uno dei tavoli del mio studio è ammonticchiato il materiale che, settimana dopo settimana, raccogliamo e che è quindi destinato ad aumentare . Tutto ciò che troviamo ci servirà come documentazione per l’intera durata del lavoro e trasformerà tutte noi in “esperte” dell’argomento.
“Io ho fatto una ricerca in internet”, dice Claudia, ” i modelli sono relativamente pochi: anelli, maschere, teste di leone, mani… Ma si ripetono continuamente con piccole variazioni ”.
“Mi fanno un po’ impressione quelle manine mozzate…” confessa Olga mentre ritocca i baffi del gatto rosso che sta finendo di dipingere:” Hanno qualcosa di macabro, sembrano ex voto, non ti pare?”
“ Si, hai ragione, ma ne trovi anche di molto raffinate, di poetiche ” conclude Claudia.
“Paola, non ricordo più la misura che abbiamo scelto per… “
“Centimetri 20 x 20 perché, con questa dimensione, i batacchi risulteranno praticamente a grandezza naturale, se ne potranno cogliere tutti i particolari e l’impatto visivo sarà più efficace” rispondo.
“Allora io parto!” annuncia Elisabetta tracciando le prime righe di matita sulla carta ruvida dell’album. E’un mercoledì di dicembre 2008 e lei è la prima ad iniziare. Ha scelto un batacchio povero, dalla forma semplice, corroso dalla ruggine e collocato su un portone di legno che, esposto da secoli alle intemperie, appare ormai irrimediabilmente screpolato e corroso. Dalla Patagonia Rosangela ci avverte, con un sms, che non ha ancora fotografato un solo batacchio. “Mi farò perdonare”, scrive, “recupererò” promette.
Quando torna dal suo viaggio, porta con sé in studio, due splendidi batacchi ad acquerello, e noi ci chiediamo dove li abbia potuti dipingere; in aereo sicuramente no. Ma lei, per un po’ si diverte a lasciarci nel dubbio.
“Sai Rosangela, che il tuo batacchio grigio azzurro mi evoca la porta di una abitazione araba?”
“E invece appartiene alla porta di una casa di montagna. E comunque è davvero sorprendente constatare tracce di continuità da un posto all’altro della terra: lo stesso identico batacchio lo si può vedere su una porta di Modena e su una porta di Buenos Aires .”
“La globalizzazione del batacchio!” scherzo io.
“Appena ho un po’ di tempo vado in biblioteca a fare una ricerca e poi, vi racconto!” promette Valentina.
“Ci relazioni, magari per iscritto, altro che raccontarci.”
Tra gennaio e febbraio, con cadenza settimanale, una dopo l’altra, incominciamo tutte.
Intanto, anche Livia e Olga portano i loro servizi fotografici su portoni con batacchio che riguardano rispettivamente Ferrara e l’isola d’Elba. In questo periodo Livia è molto impegnata con la sua galleria e ha poco tempo per dipingere. L’acquerello che ha iniziato è appoggiato alla parete del mio studio e aspetta di essere finito. E’ in bianco e nero e questa sua caratteristica equivale a una firma: “Questo è di Livia”, hanno detto tutte, guardandolo.
Cristina ci informa di essere momentaneamente senza macchina fotografica.
Visto che, subito dopo l’acquerello, il nostro maggior interesse è la narrativa, abbiamo pensato di collezionare le frasi dei romanzi, che accennano ai batacchi. Vedremo poi che uso farne.
Beatrice ci informa:“In Canto di Natale di Charles Dickens c’é un batacchio…” si ferma e aggiunge :”porto il libro, così lo potete leggere tutte.”
“ E io ho trovato la fotografia del batacchio di casa Dickens, molto probabilmente quello a cui si è ispirato per scrivere il suo racconto.” Lo dico con fierezza, come se si trattasse di un vero e proprio scoop.
Giuseppina ha terminato un batacchio a forma di testa di scimmia: “Non sono soddisfatta del colore dell’ottone. Io lo rifaccio”, dice.
Anche del primo, ha dipinto due versioni, e quando Olga glielo fa notare, spiega: “Con il primo faccio una specie ricognizione sulle difficoltà che incontrerò poi, con il secondo, dipingo senza problemi, se la carta non mi tradisce. Insomma, faccio quello che una volta si chiamava malacopia o bozzetto preparatorio.”
“Noo! Tu ne fai due, quasi identici, entrambi belli! Anzi, uno dei due me lo potresti anche regalare”, azzarda Olga.
“Ragazze, anche Boldini ha dipinto una porta col suo picchiotto…... Ho qui la foto!” dice Valentina sorridendo e continua “ Ho trovato anche il picchiotto che Luigi Bonazza ha progettato e realizzato per la sua casa di Trento, nel 1913”. A questa dichiarazione segue un inconsueto silenzio, rotto solo da una specie di timido bisbiglio: ”E chi sarebbe questo Luigi Bonazza?” “Ho trovato il batacchio di una porta parigina. Mi piace molto ma non vorrei che il blu elettrico dello smalto con cui è verniciato, stonasse con la delicatezza dei colori che avete usato tutte voi” dice Cristina. La tranquillizzo perché spero che non sia l’unica a vivacizzare la cromia generale: problema, quest’ultimo, che Livia non può aiutarci a risolvere.
Ogni volta che qualcuna di noi termina un acquerello e lo appoggia sull’apposita mensola per guardarlo a distanza, scoppia un boato da stadio. Non ho ancora ben capito perché mai tutti gli acquerelli siano accolti con il medesimo entusiasmo, ma mi piace che sia così.