Paola Bonora




Paesaggi in linea 

E’ semplice, basta guardare lontano, oltre le apparenze.

In pittura il paesaggio non narra storie ma si impone per quel che è: una misteriosa versione della natura fissata sulla tela.

Scegliere di ritrarre, tra tutti i paesaggi possibili, la pianura, è costringersi felicemente alla sintesi, alla purezza della forma, al compendio dell’intero mondo visibile in una linea d’orizzonte pressochè invisibile.

Non avendo vette da scalare né abissi da sondare, non si conquista, tutt’al più si attraversa, questa circostanza rende la pianura in gran parte impenetrabile e inafferrabile.

Rappresentare più volte la pianura con una linea non è la ripetizione seriale di un motivo, alla stregua di nevrosi o di ossessioni patologiche. Significa piuttosto rendere evidente la geografia interiore di quel luogo stendendo su di un unico piano le sue molteplici dimensioni.

C’è la questione di terra e cielo, di come debbano distinguersi tra loro e se basti una linea. Ma è un falso problema, perchè in questo caso la linea non divide ma unisce. Può infatti succedere in pittura quel che avviene nell’alta sartoria: stoffe differenti cucite abilmente per vestire lo stesso corpo come questi elementi che pur toccandosi appena cingono lo stesso sguardo.

C’è poi la questione di colore e luce. E’ straordinaria la gamma di toni e l’ampiezza di spettro che si  ottengono con questo soggetto pittorico. La pianura è così generosa di spazio che questi elementi si compenetrano a vicenda senza limiti fisici se non quelli imposti dalla misura della tela. A tal punto prodiga che ogni distinzione perde di senso, avviene che il colore è una gradazione della luce e la luce una particolare grana del colore.

Talvolta la tela sarà lunga e stretta, così da sviluppare il concetto artistico e portarlo a esiti estremi. Sagomata sul contenuto segnico (la linea) in essa rappresentato, la tela agisce come particella iniziale dello spazio (sopra e sotto la linea) che si vuol dipingere, e proprio il suo formato ridotto ne enfatizza l’essenza (dello spazio) invece infinita.

Altre volte la tela avrà le dimensioni del quadrato. Qui lo spazio è conclamato, marino o terrestre poco importa. C’è, evidente, l’espansione della superficie nel senso della proporzione, la vasta disposizione del colore per farne materia.

Tradurre la qualità della natura e dei suoi sommovimenti millenari fissandoli nel tempo presente di un monocromo, è condensare in un solo colore la potenza in divenire di tutti i colori.

E’ come se con questa tecnica si possa vedere non solo di più e meglio, ma anche prima. Cristallizza le visioni consegnateci direttamente dalla natura e ne produce di nuove, in anticipo sugli avvenimenti. E’, a tutti gli effetti, una piattaforma di lancio per le nostre fantasie.

Guardare verso lo spazio aperto, attraversarlo con la mente per farne una nuova versione. Spostare sulla linea dell’orizzonte i segni inequivocabili dell’esistenza, affinchè il suolo non ceda sotto il peso dell’inerzia e il cielo non crolli per sfinimento sulla testa.

Scrutare la pianura con pazienza e la dovuta attenzione. Considerarla come l’anticamera dell’immaginazione e accorgersi che qualcosa, dentro e fuori di noi, sta già accadendo.